lunedì 30 maggio 2011

Napoli: la sconfitta della politica

Napoli: la sconfitta della politica.


Tra poche ore si concluderanno le operazioni elettorali per il rinnovo della compagine amministrativa napoletana, ma già adesso possiamo individuare un sicuro sconfillo: la politica.


Il dibatito elettorale è stato caratterizzato da uno scontro senza precedenti tra i contendenti la poltrona di palazzo san Giacomo e che ha oscurato qualsiasi tema su cui confrontarsi se si esclude la "monnezza.


In qualsiasi città "normale" delle dimensioni del capoluogo partenopeo, il tema della monnezza non avrebbe potuto trovare spazio, ma al contrario si sarebbe parlato di ben altro.


Non ho sentito parola seria sulle periferie, sul centro storico, sul porto e le prospettive di un suo sviluppo che, nonostante tutto, avviene per un incontrollato aumento del traffico sia crocieristico, sia commerciale; nessuna parola sull'aereoporto, sull'assetto urbanistico ecc. ecc.


Lo sbando in cui si trova il centrosinistra costretta ad aggrapparsi a De Magistris, fa il paio con l'assenza di una opposizione alla Regione ed alla Provincia.

La classe dirigente del centrodestra, poi, ha vantato vittorie elettorali che erano dovute esclusivamente all'effetto trascinante di Berlusconi, ed oggi mostra tutti i suoi limiti e tutte le sue incapacità.

Il centrodestra napoletano, invece di proporsi come reale soggetto per il cambiamento, si è preoccupato solo di gestire una politica di inciuci con le sbandate truppe bassoliniane.

E Napoli muore......

venerdì 27 maggio 2011

Elezioni a Napoli. La Città metropolitana, la grande assente nei programmi e nei dibattiti

Elezioni a Napoli. La Città metropolitana, la grande assente nei programmi e nei dibattiti


Il dibattito prodotto negli ultimi anni sulle Città metropolitane non è nuovo, essendosi già da qualche tempo sviluppato sia in ambito europeo sia internazionale, ed è stato incentrato sulle problematiche connesse ai poteri che interagiscono su un territorio caratterizzato dalle dimensioni di alcuni centri urbani che si sono estese, in molti casi, raggiungendo anche quelle caratteristiche di una metropoli. La constatazione dell’esistenza di nuove realtà molto urbanizzate ha favorito la ricerca di strumenti giuridici che offrono soluzioni adatte sia al governo delle aree vaste sia, in particolare, di quelle definite “metropolitane”.



L’idea di Città metropolitana così com’è prevista dall’ordinamento italiano e alla luce dei principi di differenziazione e adeguatezza inseriti nella Costituzione dalla riforma del 2001, permette di differenziare gli ordinamenti delle realtà urbane di maggiori dimensioni, perché si tratta di realtà con una complessità funzionale propria delle grandi città, e al tempo stesso di adeguare alla dimensione territoriale, demografica e organizzativa la gestione d’efficaci politiche d’area vasta.



È da precisare che la Costituzione non intende la Città metropolitana come un nuovo ente che s’interpone tra il Comune e la Provincia, infatti, la definizione dell’ente in questione è contenuta nel Testo Unico sull’ordinamento delle autonomie locali ( D.lgs. n. 267/00) che esclude tale possibilità. Questa condizione era già chiarita nella legge 142/90, poi trasfusa nello stesso T.U., che aveva definito ambiti precisi all’interno dei quali fare delle scelte.



La necessità di prevedere un ente metropolitano, nasce anche dalla constatazione che la vita urbana è modificata ed è superato il classico concetto di comune inteso nel senso primitivo del termine, quindi di comunità che si ritrova in un centro abitato. Come tutte le grandi città metropolitane, anche Napoli, ha una tendenza a diminuire di popolazione residente, anche se in maniera più contenuta rispetto ad altre realtà. In ogni caso la popolazione della città diminuisce in rapporto all’incremento della popolazione residente nella provincia. Negli ultimi cinquanta anni, infatti, la popolazione della città, che prima rappresentava la metà dell’intera provincia, è scesa ad un terzo. Pur tuttavia, la maggior parte delle attività resta incentrata nel capoluogo e ciò favorisce un quotidiano spostamento di migliaia di persone dalla provincia alla città capoluogo. Napoli dà sempre più l’impressione di svuotarsi di notte per essere di nuovo affollata di giorno. Una volta, negli stessi spazi si svolgeva la maggior parte delle attività e in quei luoghi si racchiudevano le relazioni sociali dei cittadini. Oggi, invece, le relazioni sociali sono mutate, i rapporti non insistono più in quella sfera che era rappresentata dal quartiere: il rapporto residenza/lavoro crea nuove articolazioni sociali che si estendono su di un territorio ben più vasto di quello una volta circoscritto nelle mura della città.



L’istituzione della Città metropolitana risponde quindi ad esigenze non soltanto di formalità giuridica, ma soprattutto attuali e sostanziali. La Città metropolitana, superando i confini dell’attuale comune di Napoli, dovrà contribuire a creare un nuovo assetto d’interessi che s’irradiano nel territorio circostante.



La Città metropolitana esprime la sua potenzialità nella capacità di adeguarsi a un ambiente differenziato, assumendo compiti che si adattano alla soluzione dei problemi d’organizzazione dei servizi dei Comuni compresi nell’area e, soprattutto, ai problemi di pianificazione urbanistica di Napoli che non riesce oggi a gestire in maniera ottimale infrastrutture che vanno dimensionate ad una cittadinanza che di numero supera quella dei residenti.



Napoli, per la particolare caratteristica del suo territorio e del suo interland, rappresenta certamente la città che più d’ogni altra risponde alla tipologia di Città metropolitana. Basti pensare all’altissima densità di popolazione che si concentra nei 92 comuni della sua provincia e alla circostanza che ben tre dei comuni della provincia napoletana figurano nella graduatoria delle prime 60 città italiane, tutte capoluoghi di provincia.



Napoli, inoltre, rappresenta la città sede di lavoro di molti residenti della provincia e non esiste un confine naturale che la distanzi dai comuni limitrofi. La costituzione della Città metropolitana può rappresentare anche per le periferie un inizio di soluzione al loro drammatico isolamento. Le periferie, infatti, sono luoghi marginali rispetto al centro della città, ma non rispetto all’ambiente urbanizzato circostante. Un’autorità metropolitana, in grado di poter operare su di un livello più vasto, può definire insediamenti residenziali e produttivi tali da ottimizzare gli spazi. Una grande città, in grado di poter coinvolgere tutto il territorio che ad esso fa riferimento, potrà rendere la città più competitiva e più in grado di affrontare le sfide internazionali.



Per istituire la Città metropolitana, è necessario, innanzi tutto, definirne l'Area, fissandone i confini e definendone le funzioni amministrative che dovranno essere messe in comune tra gli enti che la compongono e che vi rientrano. Nel caso specifico dell'Area di Napoli, occorre aver ben presente che il capoluogo è ormai parte integrante di un’estesa conurbazione che si estende su più province. In questa conurbazione si registrano indici di densità abitativa e d’uso del territorio tra i più alti del mondo, come già abbiamo rilevato. Si ritrovano, inoltre, pesanti problemi economici, carenze nelle strutture e nei servizi, gravi problemi d’ordine sociale. Tutti questi problemi possono essere affrontati solo avendo una visione più ampia del territorio e possono essere gestiti meglio da un’autorità metropolitana che da tante singole realtà locali.



Il percorso per arrivare alla costituzione della Città metropolitana può essere anche successivo ed a tappe. È possibile, infatti, ipotizzare una fase intermedia nella quale si prevede che per alcuni comuni, quelli maggiormente interessati, siano previste forme associate per l’esercizio di alcune funzioni. Possiamo ipotizzare, ad esempio, le funzioni inerenti al commercio, ai trasporti, alla viabilità, all’urbanistica e alla polizia locale. In questo contesto la Provincia potrebbe assumere il compito di coordinare tali attività e di esercitare direttamente alcune di esse in ossequio al principio di sussidiarietà., previsto dalla Costituzione, laddove è necessario assicurare un “esercizio unitario della funzione” (art. 118 cost.)